Il salame di Monte Isola

Il salame di Monte Isola

A Cure, Masse, Olzano e Senzano ogni famiglia, da sempre, tra gennaio e febbraio uccide il maiale allevato o comprato per preparare in casa il salame.

Gli “esperti” organizzano la lunga e paziente lavorazione del salame nostrano con scrupoloso rispetto del rituale tramandato da innumerevoli generazioni e che nessuno vuole modificare.

Confezionare i salami ottenuti da un maiale occupa per una giornata almeno quattro persone, ognuna con un compito specifico: tagliare la carne tutta a mano a pezzi abbastanza grossi (sono severamente banditi gli utensili elettrici per tritarla), mescolare l’impasto, insaccare, legare. Secondo il rituale era d’obbligo che la luna fosse calante; chi non poteva aspettare procedeva con luna crescente, ma di venerdì.

 

Nella seconda fase (l’affumicatura), il salame viene appeso in una stanza apposita, la “cà del salam”: una cantina antica con muri di pietra non intonacati, soffitto a volte, un fuoco in cui si deve continuamente bruciare legna secca per mantenere una temperatura costante. Il camino deve essere chiuso, in modo da far diffondere nella stanza il fumo, che oltre ad affumicare, mantiene, soprattutto di notte, una temperatura tiepida. Sono poche, su tutta l’isola, le stanze dotate delle caratteristiche necessarie; bisogna quindi prenotarsi, così che di solito in una stanza viene appeso il salame di quattro o cinque maiali.

Il salame appena fatto si lascia appeso per trenta giorni; poi lo si può mangiare o appendere nelle normali cantine o mettere nelle anfore di terracotta (“òle”, anticamente di pietra) sotto grasso.

Gli emigrati montisolani insistono nell’affermare che lo stesso procedimento fuori dall’Isola non dà gli stessi risultati.